LE ARPIE
L’arpia è un mostro mitologico che possiede testa di donna e un corpo di uccello dotato di terribili artigli. Una delle caratteristiche più terrificanti delle Arpie è il fetido odore che mettono. Secondo la mitologia greca abitavano le isole Strofadi, in Grecia appunto. L'origine del loro mito deve forse ricondursi a una divinificazione del vento. In seguito, esse vennero a personificare le avversità che colpivano intere popolazioni: guerre, carestie, epidemie e cataclismi.
Esse vengono considerate demoni della tempesta, che si cibano delle anime degli uomini, dopo averli rapiti. E quando non riescono a farlo, sporcano coi loro escrementi quanto non riescono a rubare.
Esse vengono considerate demoni della tempesta, che si cibano delle anime degli uomini, dopo averli rapiti. E quando non riescono a farlo, sporcano coi loro escrementi quanto non riescono a rubare.
Appartengono alla generazione pre-olimpica e si credeva rapissero i bambini e le anime dei morti.
Secondo la leggenda più famosa che le riguarda il re Fineo era tormentato da questi mostri (su ordine di Era) che gli rubavano continuamente tutto quello che gli veniva messo davanti, in modo particolare il cibo, e sporcavano tutto quello che non potevano rubare (e bè... ce l’hanno di vizio!). Fineo chiese agli Argonauti di liberarlo dalle arpie ed essi le costrinsero a volare. Il Fato aveva determinato che le Arpie sarebbero morte uccise dai figli di Borea, il vento del Nord, ma essi sarebbero morti se non avessero raggiunto le Arpie, così esse promisero di lasciare in pace Fineo purchè venisse loro consentito di vivere. Si nascosero poi in una caverna nell’isola di Creta.
Un mito narra che una di esse concepì con Zefiro i cavalli di Achille.
Secondo la leggenda più famosa che le riguarda il re Fineo era tormentato da questi mostri (su ordine di Era) che gli rubavano continuamente tutto quello che gli veniva messo davanti, in modo particolare il cibo, e sporcavano tutto quello che non potevano rubare (e bè... ce l’hanno di vizio!). Fineo chiese agli Argonauti di liberarlo dalle arpie ed essi le costrinsero a volare. Il Fato aveva determinato che le Arpie sarebbero morte uccise dai figli di Borea, il vento del Nord, ma essi sarebbero morti se non avessero raggiunto le Arpie, così esse promisero di lasciare in pace Fineo purchè venisse loro consentito di vivere. Si nascosero poi in una caverna nell’isola di Creta.
Un mito narra che una di esse concepì con Zefiro i cavalli di Achille.
Solitamente sono tre: Aello (burrasca), Ocipete (Colei che vola veloce) e Celeno (l’oscura). Le prime sono figlie di Taumante ed Elettra (sì, proprio colei che in psicoanalisi ha generato il “complesso di Elettra”, il corrispondente femminile del “complesso di Edipo”), sono potenti nel volo e hanno dei bellissimi capelli.
Le tre arpie in questione vengono anche chiamate Erinni (Furie nella mitologia romana) e sono considerate la personificazione della vendetta femminile, in particolar modo quando c’era da vendicare delitti scaturiti in seno alla famiglia... e di questi tempi ce ne sarebbe davvero bisogno!
Secondo la leggenda esse nacquero dal sangue di Urano fuoriuscito quando Crono lo evirò. Mentre un'altra tradizione le dice figlie della Notte.
Erano tre sorelle demoniache abitatrici degli inferi: Aletto, Megera e Tisifone. Secondo la più accreditata interpretazione, rappresentavano il lancinante rimorso che scaturiva dai fatti di sangue più efferati.
Le tre arpie in questione vengono anche chiamate Erinni (Furie nella mitologia romana) e sono considerate la personificazione della vendetta femminile, in particolar modo quando c’era da vendicare delitti scaturiti in seno alla famiglia... e di questi tempi ce ne sarebbe davvero bisogno!
Secondo la leggenda esse nacquero dal sangue di Urano fuoriuscito quando Crono lo evirò. Mentre un'altra tradizione le dice figlie della Notte.
Erano tre sorelle demoniache abitatrici degli inferi: Aletto, Megera e Tisifone. Secondo la più accreditata interpretazione, rappresentavano il lancinante rimorso che scaturiva dai fatti di sangue più efferati.
Al fine di placarle, vennero chiamate anche Eumenidi (ossia, le "benevole").
Venivano rappresentate come geni alati, con i capelli formati da serpenti, con in mano torce o fruste.
Venivano rappresentate come geni alati, con i capelli formati da serpenti, con in mano torce o fruste.
Dante Alighieri cita le arpie nel canto XIII dell'Inferno: esse rompono i rami e mangiano le foglie degli alberi al cui interno si trovano le anime dei suicidi, che, in questo modo, provano dolore e hanno dei pertugi attraverso i quali lamentarsi
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